sabato, settembre 30, 2006

Tutta la terra rossa che ho respirato

Non riesco a fare quello che non voglio.
E' appurato.
Non riesco a trattenermi dall'esternare la parte peggiore di me, quando non mi sento a mio agio, quando non mi sento dentro le giuste scarpe, quando mi sento quella morsa allo stomaco che è come uno STOP e non mi permette di andare avanti, ma solo di cambiare strada, e così la sensazione svanisce.
Sono state tre settimane in cui non stavo bene.
Non vedevo l'ora che finissero.
Non volevo continuassero!
Tutte le mattine mi svegliavo con il senso del dovere, che mi diceva, LO DEI FARE PERCHE' E' GIUSTO COSI'!
Ma lo era veramente?
Inconsciamente è stata colpa mia, sono io che trasmetto agli altri quello che sento.
E di questo penso non ci potrò fare mai niente.
Adesso quella sensazione è svanita.
L'entusiasmo è ripreso.
Ho già in mente strade meno comode ma più avvincenti.
L'avrei dovuto fare dall'inizio.
A volte mi incapponosco su strade già battute che mi hanno dato soddisfazione e che reputo più facili, sicure, conosciute.
Milano mi ha lasciato una soddisfazione lavorativa che speravo di ritrovare a Bologna.
E non è così.
Aveva ragione lui, Milano e Bologna sono anni luce per quanto riguarda il lavoro.
(quanto mi costa ammetterlo;-)

Mio padre mi dice: "Non puoi sempre vincere. Te ne devi fare una ragione, imparare, per non soffrire. A volte la sconfitta nasconde una vittoria molto più grande. Non nasconderti. Giocatela a viso aperto. Sbatti la testa. Ma fai quello che ti piace, non quello che è più facile. Sono dietro di te. Se non riuscirai a rialzarti ti aiuterò io a sollevarti. Che tu hai sempre camminato da sola, amore"
Vincere.
Sono arrogante in questo.
Sono caparbia in questo.
Quando giocavo a tennis sono stata una delle più giovani classificate C in Italia, avevo 10 anni.
Quando sono arrivata ad essere 14 in Italia ed a giocare in B e tutti mi chiamavano "la promessa", ho incominciato a non provare più gusto.
Non avevo più vogia di vincere.
Tutti si aspettavano che vincessi, sempre.
Avevo 15 anni.
Mio padre era sempre lì.
Dietro la rete.
Si è molto risentito che, dopo alcuni anni, non abbia continuato a giocare.
Ma l'ha accettato.
E' cambiato tutto da allora.
Ma lui è rimasto sempre dietro la rete.

Ho dormito un sacco stanotte.
Fuori c'è il sole.
Fabrizio sta arrivando con il treno.
Mi ha chiamato stamattina e mi ha detto:
"Sto venendo da te!"
"Ma non dovevi andare alla SPAcon S.?"gli ho detto
"Niente SPA, solo tu...però voglio scopare?"
"Ok...andiamo in qualche locale per te allora!"
"Non voglio che mi trovi un uomo!, voglio scopare con te!"
"EhEhEh...Và bene!Con te farei anche un figlio, lo sai!"
"Oh mamma...vado a prendere la pillola allora, che non vorrei trovarmi incinto!"
Che lui sà farmi ridere, che ci capiamo senza bisogno di parlare, senza bisogno di dirgli ho bisogno di te, ho le ossa rotte, ho paura, mi abbracci?.
Avevo bisogno di lui.
In questi mesi lui c'è sempre stato.
Lontano, vicino, ascoltando, urlando, parlando, piangendo, dicendomi distrattamente: "Sono dalle tue parti, ti passo a salutare!" Che lui, prima di vivere insieme, abitava dall'altra parte della città e lo sapevo che voleva solo vedere i miei occhi per sapere come stavo.
Mi manca così tanto vivere con lui.
Mi manca così tanto quella figura protettiva quando torno a casa e sono stanca e delusa, o gioisa e felice, e mi metto a ballare e lui mi chiama "Pazza!"
Che tutte le persone che amo e vorrei vicine sono fisicamente lontane.
E ogni tanto mi sento un po' persa.
Ma mi sà che se adesso mi volto, le vedo tutte lì, a guardami da dietro la rete.

Vorrei avere la convinzione che un giorno imparerò qual'è il modo giusto di vivere.

1 Comments:

Blogger Non solo pene said...

Mica vero! e senza falsa modestia.
Ciao

2/10/06 10:01  

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