mercoledì, febbraio 28, 2007

SCHIFO e poca pietà: lo zio che muore solo*

Questo post è stato cancellato alla luce di fatti personali che non devo giustificare a nessuno.



domenica, febbraio 25, 2007

Ozpetek: come ti trasformo uomini da calendario in attori...

S:Hai visto nel film di Ozpetek c'è Luca Argentero!
A:Chi?
S:...dai quello che ha fatto il Grande Fratello!
A:Ha...
S:Ma non te lo ricordi?
A:...Come no?

Ignorando totalmente chi fosse tale Luca ho
voluto informarmi sul curricula del suddetto Argentero.
Effettivamente...concordo, e visto che il film lo vedrò mercoledì,
spero di concordare anche sulla recitazione.
Ma se Ozpetek ha fatto recitare bene anche Garko...
ho fiducia.

giovedì, febbraio 22, 2007

Ingratitudine




















Ma quanto sei simpatica ma quanto sei carina, ma quanto sei gentile, ma che bella pelle e che colorito, ma che bel sorriso, ma che occhi, ma che bei vestiti, ma che bella voce, ma come fai a sapere questo?, ma come fai a sapere quello?, ma quanti amici, ma quante amiche, ma quanti buoni consigli, ma come sei premurosa, ma come riesci a mettermi a mio agio, ma come cucini bene, ma che gusto che hai, ma che forza, ma che coraggio, ma che verve, ma quante idee, ma che bella casa, ma che bella borsa, ma che belle scarpe, ma che belle piante, ma come riesci sempre a vedere il bello in tutto, ma non odi mai?, ma come cammini, ma che fianchi, ma come sono fortunato a conoscerti, ma come sono fortunata a conoscerti, ma che fortuna che hai.



E tu magari vorresti solo svegliarti e scoprire che è stato soltanto un brutto sogno.

mercoledì, febbraio 21, 2007

Io di.co, non c'è niente da ridere...

Guardate gli occhi ed il sorriso beffardo...
non vi sembra somigli a qualcuno?












Resistete!Resistete!E non provate a levare la mano che ho paura vi caschi sul serio, la testa!

Le mie amiche sono perverse

"Mister Ford non mi vuole più vedere!
Tu mi devi spiegare come fai...che tattica utilizzi?"

"Tattica?...Se c'è una persona meno tattica di me io la voglio conoscere..."

"Ma come?...tu gli hai detto che non avevi voglia di vederlo e adesso
lui ti sta dietro molto di più!"

"Ma quella non è tattica. Io non ho proprio voglia di vederlo...
mica per finta, e quando gli ho detto che era uno stronzo, deficiente,
che non mi piaceva il suo modo di fare e che mi annoiava non volevo
mica dire che mi piaceva!
Si chiama cercare di essere sincera...mica tattica"

"E non potevi dirmelo prima? "




A volte penso di conocerli tutti io i matti!

martedì, febbraio 20, 2007

Il simbolo del dollaro, $, si pensa simboleggi le colonne d'Ercole.

[...] Un vecchio afgano con i sandali rotti e infangati, e il turbante con la coda che scendeva fino alla cintura, stava accanto al figlio di sei anni nel pronto soccorso dell’ospedale di Quetta. Il bambino si chiamava Khalil e aveva il volto e le mani, o quel che ne restava, coperti da abbondanti fasciature. Stava sdraiato, immobile, la camicia annerita dall’esplosione. Qualcuno aveva strappato una manica e ne aveva fatto un laccio, legato stretto sul braccio destro per fermare l’emorragia. "È stato ferito da una mina giocattolo, quelle che i russi tirano sui nostri villaggi” disse Mubarak, l’infermiere che faceva anche da interprete, avvicinandosi con un catino di acqua e una spugna. Non ci credo, è solo propaganda, ho pensato, osservando Mubarak che tagliava i vestiti e iniziava a lavare il torace del bambino, sfregando energicamente come se stesse strigliando un cavallo. Non si è neanche mosso, il bambino, non un lamento. In sala operatoria ho tolto le bende: la mano destra non c’era più, sostituita da un’orrenda poltiglia simile a un cavolfiore bruciacchiato, tre dita della sinistra completamente spappolate. Avrà preso in mano una granata, mi sono detto. Sarebbero passati solo tre giorni, prima di ricevere in ospedale un caso analogo, ancora un bambino. All’uscita dalla sala operatoria Mubarak mi mostra un frammento di plastica verde scuro, bruciacchiato dall’esplosione. “Guarda, questo è un pezzo di mina giocattolo, l’ hanno raccolta sul luogo dell’esplosione. I nostri vecchi le chiamano pappagalli verdi…” e si mette a disegnare la forma della mina: dieci centimetri in tutto, due ali con al centro un piccolo cilindro. Sembra una farfalla più che un pappagallo, adesso posso collocare come in un puzzle il pezzo di plastica che ho in mano, è l’estremità dell’ala. “…Vengono giù a migliaia, lanciate dagli elicotteri a bassa quota. Chiedi ad Abdullah, l’autista dell’ospedale, uno dei bambini di suo fratello ne ha raccolta una l’anno scorso, ha perso due dita ed è rimasto cieco.” Mine giocattolo, studiate per mutilare i bambini. Ho dovuto crederci, anche se ancora oggi ho difficoltà a capire… Tre anni dopo ero in Perù. Quando me ne andai da Ayacucho, dopo mesi passati a organizzare il reparto di chirurgia, un amico peruviano, artista e poeta, mi ha regalato un retablo, una specie di presepe in gesso. Una scena di violenza e di lotta per il diritto alla terra. Intorno alle figurine di contadini incatenati, trascinati via da militari con il passamontagna, tante spighe di grano, molto alte, dorate. Sopra le spighe stormi di loros, pappagalli verdi col becco adunco e gli occhi rapaci. “Per i contadini di qui – mi disse Nestor spiegandomi il retablo – i pappagalli simboleggiano la violenza dei militari, hanno lo stesso colore delle loro uniformi. Arrivano, si prendono il raccolto, spesso uccidono, e se ne vanno via.” Nestor mi raccontava la misera vita della gente di quella regione andina, le sofferenze e la rassegnazione, e la violenza sistematica. Allora gli ho detto di altri pappagalli verdi, che avevo conosciuto in Afghanistan. Mine antiuomo di fabbricazione russa, modello PFM-1. Gli ho spiegato che le gettano sui villaggi, come fossero volantini pubblicitari che invitano a non perdere lo spettacolo domenicale del circo equestre. E ho visto i suoi occhi increduli, come erano stati i miei, e le labbra aprirsi un poco in segno di sorpresa. La forma della mina, con le due ali laterali, serve a farla volteggiare meglio. In altre parole, non cadono a picco quando vengono rilasciate dagli elicotteri, si comportano proprio come i volantini, si sparpagliano qua e là su un territorio molto più vasto. Sono fatte così per una ragione puramente tecnica – affermano i militari – non è corretto chiamarle mine giocattolo. Ma a me non è mai successo, tra gli sventurati feriti da queste mine che mi è capitato di operare, di trovarne uno adulto. Neanche uno, in più di dieci anni, tutti rigorosamente bambini. La mina non scoppia subito, spesso non si attiva se la si calpesta. Ci vuole un po’ di tempo – funziona, come dicono i manuali, per accumulo successivo di pressione. Bisogna prenderla, maneggiarla ripetutamente, schiacciarne le ali. Chi la raccoglie insomma, può portarsela a casa, mostrarla nel cortile agli amici incuriositi, che se la passano di mano in mano, ci giocano. Poi esploderà. E qualcun altro farà la fine di Khalil. Amputazione traumatica di una o di entrambe le mani, una vampata ustionante su tutto il torace e, molto spesso, la cecità. Insopportabile. Ho visto troppo spesso bambini che si risvegliano dall’intervento chirurgico e si ritrovano senza una gamba, o senza un braccio. Hanno momenti di disperazione, poi, incredibilmente, si riprendono. Ma niente è insopportabile, per loro, come svegliarsi nel buio. I pappagalli verdi li trascinano nel buio per sempre. Dicevo queste cose a Nestor, seduti nel suo laboratorio pieno di quadri e sculture, e di figurine in gesso da colorare. Discorrevamo di guerra e di violenza, di repressione e di libertà, di diritti umani. Che cosa spinge la mente umana a immaginare, a programmare la violenza? Mentre mi parlava delle tragedie della sua terra, del massacro dei contadini di Huanta che chiedevano solo che i loro figli potessero andare a scuola, avvertivo nelle sue parole, mescolate a un atavico pessimismo, la rabbia soffocata, il desiderio di ribellione. Ma poi, inevitabilmente, il suo pensiero tornava ai pappagalli verdi, a quelli che scendevano dal cielo nel lontano Afghanistan.
E allora Nestor scuoteva la testa, e la rabbia lasciava il posto alla tristezza, quella che riempie la mente quando non c’è più la possibilità di capire, quando è svanita la ragione ed è solo follia. Così abbiamo immaginato – sapendo che era tutto maledettamente vero – un ingegnere efficiente e creativo, seduto alla scrivania a fare bozzetti, a disegnare la forma della PFM-1. E poi un chimico, a decidere i dettagli tecnici del meccanismo esplosivo, e infine un generale compiaciuto del progetto, e un politico che lo approva, e operai in un’officina che ne producono a migliaia, ogni giorno. Non sono fantasmi, purtroppo, sono esseri umani: hanno una faccia come la nostra, una famiglia come l’abbiamo noi, dei figli. E probabilmente li accompagnano a scuola la mattina, li prendono per mano mentre attraversano la strada, ché non vadano nei pericoli, li ammoniscono a non farsi avvicinare da estranei, a non accettare caramelle o giocattoli da sconosciuti…. Poi se ne vanno in ufficio, a riprendere diligentemente il proprio lavoro, per essere sicuri che le mine funzionino a dovere, che altri bambini non si accorgano del trucco, che le raccolgano in tanti. Più bambini mutilati, meglio se anche ciechi, e più il nemico soffre, è terrorizzato, condannato a sfamare quegli infelici per il resto degli anni. Più bambini mutilati e ciechi, più il nemico è sconfitto, punito, umiliato. E tutto ciò avviene dalle nostre parti, nel mondo civile, tra banche e grattacieli. Al confronto anche i loros, verdi pappagalli che infestano le Ande, sembrano meno feroci, verrebbe da dire più umani. Non ho più saputo nulla di Mubarak, da sette anni. Ho incontrato molti Khalil in giro per il mondo, l’ultimo si chiama Thassim. Non è afgano, è un ragazzo curdo di quindici anni, è cieco e senza mani. L’ho operato due settimane fa, uno strano intervento chirurgico che trasforma gli avambracci e li rende simili alle chele di un granchio, o a bastoncini cinesi, perché possa afferrare gli oggetti, mangiare da solo, fumarsi una sigaretta. Gli stiamo insegnando ad adattarsi alla nuova forma del suo corpo, a usare al meglio quel che è rimasto. Thassim ha raccolto la sua mina, il suo maledetto pappagallo verde, vicino a Mawat, un villaggio di montagna circondato da boschi di querce, rese ancora più maestose dalla prima neve di novembre.
Lo guardo mentre cerca, per ora senza successo, di portarsi un cucchiaio alla bocca senza rovesciare la zuppa. È stanco, e un poco frustrato, per oggi non vuole più saperne di fare esercizi.[...]

Gino Strada, Pappagalli Verdi, Cronache di un chirurgo di guerra, Milano, Universale Economica Feltrinelli, 2001.


Che stupida che sono.
Me ne stavo lì con il mio libro in mano,
Il sole mi offriva una scusa più che plausibile per tenere
ben piantati sul naso i miei enormi occhiali da sole.
Per ripararmi, per proteggermi da sguardi indiscreti.
Ed invece ero talmente agghiaciata che non riuscivo a
muovermi. Ho continuato a leggere ed a pensare che
sono solo una piccola e inutile stupida donnina che non sopporta
il dolore altrui, che non saprebbe come reagire a certe cose senza tapparsi gli occhi,
che non capisce, sì, non capisce e si chiede il perchè,
Che è inutile chiedersi il perchè, come coprirsi gli occhi di fronte a certe cose.

Sono scesa dal treno, ancora assorta.
L'ho salutato e gli ho detto:
"...Sono talmente idiota che mi sono scese le lacrime
mente leggevo..."
"E sei solo all'inizio" mi ha risposto
"Pensavo che sono proprio..."
Ma non mi ha fatto finire la frase
"Fortunata!...Sì, siamo proprio fortunati"
La stazione brulicava di gente di fretta,
ci siamo guardati, mi ha preso la mano e siamo andati verso casa.

lunedì, febbraio 19, 2007

Seguo gli sviluppi del caso Potter vs Radcliffe

giovedì, febbraio 15, 2007

Sensazioni, solo stupide, sensazioni

E' come quando osservi una parete blu che ti piace tanto
e poi pensi:
"E' bellissima"
ma hai la sensazione che sarebbe stata ancora più bella rossa.

E' come quando ti portano una pizza a casa
ed aprendo il cartone
vedi la pizza che avevi ordinato
e dici: "E' la pizza che volevo, è buonissima!

Però la prossima volta ci aggiungo i pomodorini freschi!"

E' come quando vedi il più bel tramonto della tua vita,
e tu lo sai che quel tramonto non lo rivedrai mai più.
Ti fermi ad ammirarlo, scendi dalla macchina e respiri l'aria di quel momento, vedi la palla infuocata che sparisce dietro l'orizzonte
ed ad ogni istante le nuvole assumono un colore diverso,
la luce è rossa poi amaranto, poi sempre più scura, e
quando osservi l'ultima goccia sparire nel mare,
sai che il giorno è finito ed è iniziata la sera.

E tu sei lì che guardi il tutto con una senso di serenità e pace che solo alcuni momenti ti possono dare,
ruoti lo sguardo alla tua destra,
sorridi, non c'è.

Risali in macchina appagata da quell'immagine che ti ricorderai per sempre,

come il fatto che è un peccato che non fossi lì anche tu.
Poi accendi la radio e ricominci a guidare.

Upgrade Harry vs Daniel

Dirty Harry...colpisce ancora!
E dopo l'approfondimento del tg2,
mi aspetto, come minimo, un'interrogazione parlamentare!!!

mercoledì, febbraio 14, 2007

Dopottutto non è la festa degli innamorati?

Ci sei nel pomeriggio?Sai viene X!
A:Di pomeriggio?
Sì...che oggi è S. Valentino e deve tornare a casa presto
che porta la moglie a cena fuori!
Ed anche io devo andare fuori a cena con Y, naturalmente!
Ti piace questa tazza?
(tazza baci_Perigina con frase sdolcinata in basso)
A:Per chi?
Per Y, naturalmente!
A:Naturalmente!

(Mi rendo sempre più conto che sono io che non so amare)


lunedì, febbraio 12, 2007

Ops...ehm...I was not the one who did it...

domenica, febbraio 11, 2007

Observing observer:The 50 men who really understand women

Da una recente indagine ecco i 50 uomini che capiscono,
o che, meglio capirebbero, le donne.

Al primo posto, quasi scontato, se si può usare il termine scontato
George Clooney
Al 23° posto vi segnalo Manolo Blahnik...


Per par condicio ecco la Top 99 Woman 2007.


Love is...
































(Qualcuno ha visto Cupido?)

venerdì, febbraio 09, 2007

Mente contorta e musica

Ieri.
Il corpo sembra perdere di consistenza e l'anima volare via, vedo tutto dall'alto, sento ma non sento, vedo ma non vedo, il tempo trascorre, non per me.
Apro gli occhi alla fine, quasi un contracolpo allao stop della musica.
Non capisco cosa mi accade alle volte, e dire che non assumo nemmeno
sostanze proibite, no, nemmeno alcool prima dei concert, dopo è d'obbligo!
Insomma vi consigli di andarli a sentire se capitassero dalle vostre parti, vale la pena.
(premettendo che io di musica non ne capisco una cippa per me Šostakovič è pura emozione, Bartok è connubio jazz e musica elettronica allo stato puro, Beethoven tradotto da Mozart per quartetto è vero sogno)

Non so perchè ma stamattina mi sono svegliata con una strano bisogno di sentire i Sikitikis.
Forse ho voglia di estate e concerti al poetto, o forse perchè ieri sentendo appunto Bartok a me sono venuti in mente Salis meet End (play the sick generation ...ragazzo incredibilmente timido e che rasenta l'autismo!) in stazione durante il Marina cafè noir e anche quel modo incredibile di suonare senza prendere fiato di Colin Stetson (ragazzo alquanto divertente, anche), e allora visto che alla fine ci si è visti lì l'ultima volta per associazione di idee...
Insomma per chi non li conoscesse due brani (uno loro e la cover che chiude sempre i loro concerti)




mercoledì, febbraio 07, 2007

Io che mi dimentico fisso le chiavi di casa in cassa al supermercato...

Stamattina mentre preparavo il caffè, dose industriale in tazza alta,mi è caduto l'occhio sul calendario...
oggi è il 7, penso...il 7...

sono certa che questa data mi dica qualcosa...ma cosa?
rimugino e sfoglio l'agenda...niente doverosi appuntamenti.
Comunque il pensiero di essermi dimenticata qualcosa continua ad ossessionarmi.
Sfoglio l'elenco dei compleanni, anniversari, ricorrenze,
tasse e bollo, parrucchiera e manicure...niente.

Poi, poi alcune immagini mi percorrono la mente,
io e la Franci che facciamo colazione con una pizza fredda
in una casa che mi ricorda l'adolescenza,

un ragazzo che mi fa sentire una cassetta nella macchina di mio padre,
mia madre che non voleva ascoltassi certe cose,
un biglietto ed un concerto a cui non andai,
io e te a San Siro,
Imola con 150 mila persone,

l'uscita di scuola,
l'inghilterra ed il walkman Sony che pesava un quintale,

gli 80's quando ogni cosa era à la mode anche la gonnellina a pighe con le Timberland,
e
d era tutto era un apparire che luccicava come strobo riflesso su palla specchiata,
qualcuno si lamentavano della mancanza di ideali e ci si divertiva un casino.
Poi vennero i '90.
Ma in sottofondo lui rimase.
Pensa te che cosa mi vado a ricordare...
Oggi è il 7 Febbraio ed è il suo compleanno.
E come si dice...H_B



martedì, febbraio 06, 2007












Se solo riuscissi a premere il tasto publish

ci sarebbero da dire un sacco di cose.
Ci sarebbero un sacco di pensieri sparsi,
tiepidi, caldi, sinceri, appassionati, soli.

Ci sarebbero i tuoi occhi,
i tuoi capelli,
le tue mani sul mio corpo,
i miei capelli sul tuo maglione,
e quelle cose che non abbiamo bisogno di dirci.
Come tutte le volte che ci diciamo "Ciao".